Mantova. In barca tra il rosa dei fiori di loto.
Mantova. In barca tra il rosa dei fiori di loto.
A sentir gli uomini «è sempre colpa delle donne». Ma, almeno in questo caso, hanno ragione. È per colpa di una donna se i laghi di Mantova in estate sono letteralmente invasi dai fiori di Loto, simbolo di purezza, che sbocciano e trasformano le acque in un angolo di Paradiso. A portarli nella terra dei Gonzaga è stata, quasi un secolo fa, una studentessa di scienze naturali dell’università di Parma, Maria Pellegreffi, che li aveva ricevuti da alcuni missionari italiani in Cina.
Così sul lago Superiore, da luglio a settembre, sembra di navigare su un immenso tappeto rosa dalle mille sfumature, avvolte da un profumo intenso. Un’oasi acquatica che infonde pace e trasmette serenità, e che diventa ancora più bella con i bagliori del tramonto e nelle notti estive di luna piena, quando la luce brilla sulle foglie (si chiamano caplàs, perché ricordano un cappello).
Da non perdere l’escursione in notturna. Si va tra cariceti e canneti, nel silenzio interrotto solo dai richiami dei gufi e dai fruscii degli uccelli nascosti tra le foglie. Per rendere ancora più incantata l’atmosfera, i barcaioli vi racconteranno una lunga storia d’amore che si nasconde dietro i fiori. La leggenda narra di un ragazzo originario di Mantova che, peregrinando in Oriente, s’innamorò di una giovane dalla pelle profumata. Insieme tornarono a Mantova, ma un giorno, per specchiarsi, la ragazza scivolò nelle acque del lago e affogò. Il giovane, disperato, sparse così i semi di loto in onore della sua amata.
Tornate sulla terraferma, come per magia, si è trasportate in una scenario del Cinquecento e si ha voglia di giocare a fare le dame in un’epoca che non esiste più. Mantova ammicca, sta al gioco, e svela vicoli antichi e scorci inaspettati, soprattutto quando una leggera nebbiolina l’avvolge, quasi fosse la veletta che copre il viso di una bella signora, lasciandone intravedere la soave bellezza.
Un altro modo per lasciarsi sedurre è varcare l’entrata medievale del ponte di San Giorgio, nella parte a nord. L’emozione che regala lo skyline del castello di San Giorgio, come sospeso su una nuvola, è intensa: viene voglia di mangiarlo con gli occhi. E si capisce subito perché la patria di Virgilio è stata definita dallo scrittore inglese Aldous Huxley «la più romantica del mondo» e perché l’unesco l’ha inserita nel patrimonio dell’umanità. Scarpe comode, le strade sono fatte di ciottoli, per essere pronte a girare a piedi con il naso all’insù, per non lasciarvi sfuggire nulla.
Ecco piazza Sordello con il maestoso palazzo Ducale. Piazza Mantegna apparirà con garbo, con la basilica di Sant’Andrea, massima espressione del genio di Leon Battista Alberti. E ancora, piazza delle Erbe, con la torre dell’orologio astronomico.
Un po’ defilato è Palazzo Te, frutto della creatività di Giulio Romano. All’interno, in un vortice di stanze che si susseguono, il vostro sguardo sarà rapito dalla sala dei Giganti, le cui decorazioni non lasciano libero neanche un centimetro delle pareti arrotondate. Per continuare il gioco, provate a parlare: la vostra voce produce l’eco che amplifica a dismisura il rumore, così la sala sembra un’enorme piazza affollata. Se non siete ancora stanche di questa full immersion nell’arte, fate un salto a Palazzo San Sebastiano, poco distante. Conserva l’Allegoria dell’Occasione, dove l’occasione è una figura di donna su una sfera, con un solo ciuffo di capelli, immagine della fuggevolezza, a ricordare che l’occasione va sempre colta, per non avere rimpianti. Seguendo questo consiglio, non potete non assaggiare un pezzo di sbrisolona. Il nome si rifà alle deliziose briciole che si formano quando viene spezzettata a mano, perché è d’obbligo non tagliarla.
Info:
www.cittadimantova.it
* da In Viaggio Con Le Amiche (Newton Compton)