Valle degli orologi Svizzera. Ai confini del tempo…

Valle degli orologi Svizzera. Ai confini del tempo

Tra Neuchatel e Chaux-de-Fonds, alla scoperta della Valle degli Orologi. Tra musei e piccole città-fabbrica, tutto è rigorosamente a tema

Valle degli orologi Svizzera. Ai confini del tempo…

Il tempo è prezioso ovunque. Le vetrine mettono in bella mostra modelli vintage (come da Juval Horlogerie, proprio accanto al museo di orologeria), ingranaggi, piccoli oggetti “dai battiti regolari”. Girando per le strade, si scoprono vecchie insegne delle fabbriche sulle facciate degli edifici, si sbircia negli androni dei palazzi arricchiti da sontuose scalinate, si nota come non ci siano citofoni alle entrate delle case e che nonostante ci siano 30 mila abitanti, tutti hanno l’abitudine di salutarsi, come se fosse un grande villaggio.

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E un mondo affascinante di inventori, artisti e pensatori, rimarcato dal “tic tac” che segna lo scorrere dei momenti. Stessa atmosfera anche nella vicina Le Locle, con un altro museo degli orologi, situato in un castello del 1790. Si può fare un tuffo nel passato con le sale arredate con i mobili d’epoca, ma anche attraverso calendari, clessidre e meridiane di misura. Anche da queste parti ci sono diverse aziende, tra i più grandi marchi internazionali: da Tissot a Zénith, mentre nella nella più antica casa di orologeria (1785) è stata ricavata una struttura ricettiva: Maison DuBois.

Sabato 8 novembre, poi, si terrà la “6a giornata del patrimonio orologiero”, un evento biennale. Un’opportunità eccezionale per visitare le numerose aziende che progettano gli eleganti segnatempo. Si potranno incontrare pure gli artigiani con il loro know-how unico che riproduce, grazie ad un rituale immutabile, i gesti indispensabili alla creazione di meraviglie di tecnica, pazienza e minuzia (per il programma, qui).

In questa valle degli orologi, c’è anche Neuchâtel, un grazioso paese medievale (a circa 20 chilometri dal confine francese, tra Basilea, Berna e Ginevra), magico nel suo riflettersi sul lago navigabile. Lo stemma sulle targhe ricorda la bandiera italiana, e in molti sono tratti in inganno, ma in realtà è il simbolo del cantone a rievocare il verde dei boschi, il bianco legato all’agricoltura e il rosso del vino.

Una tappa da non perdere è il museo d’Arte e Storia, con più di venti sale per mostre permanenti e temporanee. La curiosità? Ospita i celebri automi di Pierre e Henri-Louis Jacquet-Droz, del 1774, che rappresentano uno scrivano, un pittore e un’organista, e dopo tanti anni sono perfettamente ancora funzionanti (ogni prima domenica del mese c’è una dimostrazione, mentre il mercoledì l’ingresso è gratuito). Un meccanismo che lascia incantati. Lo scrivano, costruito nel 1768, riproduce fino a 26 lettere in maiuscolo su un foglio che poi si può sfilare e sostituire, mentre l’elegante donna musicista sa suonare ben cinque melodie e termina ogni sua esibizione con un inchino. Una volta fuori, una passeggiata porta al centro del paese, con il castello e il camminamento di ronda. È la parte più antica con la piazzetta panoramica: c’è ancora la panchina dove si sedeva Balzac a meditare e, nelle giornate limpide, si intravede la catena delle Alpi. Di fronte la Collegiata, una chiesa medievale gotica, con la pietra calcarea giallo ocra.

Ovunque, aleggia il silenzio, interrotto qua e là dal rumore dell’acqua delle oltre 100 fontanelle pubbliche, e quell’affascinante e leggera calma che spinge a godere semplicemente dell’attimo. Inesorabili passano le ore, i minuti, i secondi, e ovunque c’è un misuratore a ricordarlo. Eppure si avverte la sensazione curiosa di sentirsi fuori dal tempo.

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